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Il Welfare Aziendale nel periodo Covid-19

Uno strumento che vada al di là della mera premialità, che possa fungere da sostegno delle Fasi 2, 3 ed eventualmente altre

«Il welfare aziendale diventerà un veicolo di politiche pubbliche senza essere caricato sul bilancio dello Stato, a condizione che il legislatore capisca le potenzialità di questo strumento». 

Sono le parole del presidente di Aiwa (l’Associazione italiana per il welfare aziendale), Emmanuele Massagli, ne vede già alcune nuove funzioni, nell’Italia da far ripartire.

«Il welfare aziendale può essere già oggi, rifacendosi ai beni e servizi già presenti nell’elenco del Tuir (il Testo unico per le imposte sui redditi, ndr), una strada per attutire i costi della Fase 2, per quanto concerne i servizi di cura alla famiglia (assistenza ai bambini e ai non autosufficienti), i libri di testo scolastici (anche digitali), le polizze di assistenza sanitaria, il trasporto pubblico, i buoni spesa entro i 258 euro», continua Massagli.

VIA AI BUONI VACANZA, sempre Massagli: «Sono convinto che gli strumenti di welfare aziendale previsti dalla normativa attuale possano diventare veicolo di politiche di incoraggiamento pubblico. Una volta esistevano i voucher termali e i buoni vacanze. Con strumenti di questo tipo penso alla possibilità di poter contribuire a riattivare uno dei settori produttivi che è destinato a soffrire di più in questa emergenza, il turismo». Si tratterebbe di benefit pagati dall’impresa, ma totalmente defiscalizzati, in quanto perseguono un obiettivo di interesse pubblico, come è quello di rimettere in moto un settore decisivo dell’economia nazionale.

La cornice normativa sarebbe la stessa dell’attuale lettera F dell’articolo 51 del Tuir, «con un evidente connotazione di valore pubblico» commenta Massagli, che all’esempio dei voucher vacanze, sempre nell’orizzonte del welfare aziendale del futuro prossimo, aggiunge: «L’attività di prevenzione e di monitoraggio della salute dei dipendenti diventerà un elemento sempre più decisivo nell’orizzonte della vita dei lavoratori».

I NUOVI BENEFICI Altre soluzioni potrebbero essere aggiunte con semplici interventi normativi: pagamento senza tasse e contributi dell’abbonamento a mezzi per la mobilità sostenibile e ad uso individuale (bike sharing); donazioni per ospedali e terzo settore; cessione del credito welfare ai colleghi; potenziamento della soglia del comma 3 per permettere l’acquisto di beni di prima necessità, materiali digitali per la scuola e presidi per l’ igiene; voucher vacanze (hotel, stabilimenti balneari, terme…) e voucher cena fuori per fare ripartire il settore turistico/recettivo che più di tutti sta subendo il lockdown; pagamento per software e dispositivi tecnologici utili alla formazione a distanza (tablet, pc); pagamento dei servizi di abbonamento telefonici e di uso dati (Internet).

Insomma, è possibile coordinare il welfare aziendale con le future Fasi 2, 3 ed eventualmente altre, perché vi sia una inedita, ma necessaria, convergenza tra risorse pubbliche e private, oltre che sempre maggiore sensibilizzazione dei lavoratori sull’importanza delle misure precauzionali. L’allargamento dei beni e servizi concedibili dalle aziende sarebbe non soltanto coerente con questi indirizzi, ma con la natura profonda del welfare aziendale stesso, che nasce per incentivare le soluzioni che la norma già definisce di utilità sociale. Il welfare aziendale, in origine occupazionale e contrattuale, è dunque destinato a diventare sempre più sociale, cioè privato nella sua attivazione, ma pubblico nelle sue finalità.

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